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La teoria della mente è la capacità di riconoscere e accettare che le persone accanto a noi possono avere stati mentali, idee o sentimenti diversi dai nostri e di conseguenza possono agire e/o comportarsi in modi che non ci aspettiamo.
Abilità che si sviluppa più o meno armoniosamente nella crescita dell’essere umano, può rivelarsi carente (se non quasi del tutto assente) in individui affetti da patologie quali lo Spettro Autistico, la rigidità cognitiva, il Disturbo da Deficit di Attenzione e/o Iperattività e così via. Ma anche nel resto della popolazione, troppo spesso spinta dalla società di cui fa parte a pensare prevalentemente a se stessa, a perseguire il successo a tutti i costi, non è una capacità da dare per scontata.
Nei laboratori di logoteatroterapia, spesso la teoria della mente conquista la ribalta. E non c’è nulla di meglio delle tecniche teatrali per affinarla e stabilizzarla.
Un pomeriggio d’estate conduco il laboratorio con un bambino e una bambina entrambi di 9 anni, che chiameremo Pietro e Clara. Ci immergiamo nella lettura di una storia, fermandoci di tanto in tanto per analizzare il pensiero e l’emozione del protagonista. Pietro e Clara sono attenti e divertiti, non mostrano alcuna difficoltà a individuarne stati d’animo e sensazioni. Vedo che questo lavoro li ha appassionati e decido di proseguire anche quando la storia è terminata. Così propongo loro una serie di episodi quotidiani, che potrebbero accadere a qualsiasi ragazzino della loro età. E a questo punto Clara, che ora deve affidarsi solo al mio racconto e non più al libro con tanto di immagini, inizia a perdersi e a formulare frasi del tutto fuori contesto, tanto che sospetto si stia divertendo a buttare a caso le emozioni che dovrebbe provare la bambina protagonista del racconto. Comprendo però che le sole informazioni uditive forse non sono sufficienti a formare un’immagine chiara degli accadimenti nella sua mente. Quindi non mi do per vinta e inizio a recitare quello che le ho appena raccontato, improvvisando tutto l’episodio. A quel punto i suoi occhi si spalancano, la bocca si apre a un gran sorriso e Clara scatta in piedi, tanta è la gioia di aver compreso quel che sente il personaggio. Immediatamente fornisce una risposta assolutamente coerente. Non solo, senza che io glielo abbia chiesto, si dispone a recitare con me interpretando il secondo personaggio presente nel racconto, che io avevo solo nominato nella mia scena.
L’interpretazione corporea e dialettica dell’episodio non solo dunque è stata la chiave di volta per la comprensione della sfera emotiva; l’ha entusiasmata a tal punto da spingerla a “entrare” nella scena con me.
Eh già, mi dicevo tornando a casa. Certe volte, per comprendere gli stati d’animo altrui, li dobbiamo proprio vivere, anche solo per una manciata di secondi. Grazie al sistema mirror, che supporta lo sviluppo della teoria della mente, sulle tavole del palcoscenico e nella relazione con un altro attore o attrice, ecco che finalmente riusciamo davvero a metterci nei panni degli altri.
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