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Scomporre e riassemblare

Disponibile anche tramite podcast.

Alcuni anni or sono iniziai a utilizzare il laboratorio di Logoteatroterapia con una bambina di cinque anni affetta da ritardo di linguaggio, disturbo fonologico, tratti di iperattività e lieve disturbo d’attenzione. La bambina, che chiameremo Valentina, era davvero simpatica e sempre allegra, attenta agli altri, rispettosa delle regole e dell’ambiente, ma viveva in un perenne caos sia motorio che linguistico. Attratta da vari stimoli contemporaneamente, raramente riusciva a portare a termine un gioco, e se sfogliava un libro lo faceva in maniera compulsiva senza soffermarsi più di tanto sulle immagini e il loro significato.
Compresi subito che la carenza di pausa, di propriocezione, di presa di coscienza dello stato di rilassamento potevano essere cause di tutto ciò. E iniziai a lavorare esattamente su questi aspetti, il più delle volte da sdraiata facendole chiudere gli occhi, anche con l’aiuto di una benda, stimolando la sua attenzione sul respiro e sulla differenza tra lo stato corporeo di tensione e quello di rilassamento. In posizione eretta e a occhi aperti agivo sugli stessi items con il gioco della marionetta che cade in 10 tempi.
A volte eravamo costrette a incontrarci sulle

Cecilia Moreschi
piattaforme on line, e questo incentrava il nostro lavoro sui movimenti delle mani, degli arti superiori e l’espressività del viso. Alternavo gli esercizi motori ad altri di potenziamento della memoria e allungamento dei tempi di attenzione.
Qualche mese dopo, iniziò a scomporre gli elementi della comunicazione e a concentrare le attività su uno di essi alla volta.
Pian piano Valentina prese coscienza del fatto che le mani e le braccia si possono muovere in tanti modi diversi, ma solo alcuni di essi hanno un significato, ovvero comunicano un messaggio. Quindi siamo passate alla pulizia del gesto, una sorta di “alfabetizzazione gestuale” in cui insieme scoprivamo quale gesto comunica sollievo, quale altro dubbio o insofferenza e così via. La stessa tipologia di lavoro è stata fatta per le espressioni del viso, che da semplici smorfie passavano a diventare manifestazioni dense di significato. Subito dopo ci concentravamo sul linguaggio: stimolavo Valentina a formare una semplice frase magari partendo da una parola o da un’immagine e, dopo averne corretto la pronuncia, passavamo a integrare la frase con la corretta gestualità, postura ed espressività. Al termine di tale “riassemblaggio”, eravamo finalmente in grado di recitare qualche breve scena a due personaggi.
Tutto questo lavoro è durato circa due anni, nel quale abbiamo anche tanto giocato, ci siamo mosse a ritmo di musica, abbiamo finto di essere nella giungla, improvvisato varie scenette e così via. Ora Valentina frequenta la seconda classe della scuola primaria. Ha un eloquio intellegibile al 90%, consegue ottimi risultati scolastici, porta a termine qualsiasi consegna o gioco affidatole. Continua a essere una bambina allegra, spumeggiante, estremamente socievole, ma insieme al miglioramento del linguaggio espressivo, i tratti di iperattività sono quasi del tutto scomparsi, tanto quanto i ridotti tempi attentivi.

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