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Un bel contributo di Sara Spotti

Sara Spotti è una eccellente allieva del corso di Logoteatroterapia per professionisti, condotto dalla sottoscritta e Paola Gallassi presso Cantine Teatrali di Monterotondo.
Sara lavora da tempo come docente di Teatro Ragazzi. Ecco il suo racconto dell’utilizzo di una delle attività proprie della Logoteatroterapia con i piccini della Scuola dell’Infanzia:


Quest’anno io e la mia collega Beatrice Presen, con la quale mi occupo da anni di corsi di teatro per bambini, stiamo lavorando con sette classi di una scuola dell’infanzia (3 - 5 anni) sulla storia di un piccolo seme che diventerà un grande albero, storia che i bambini metteranno in scena alla fine dell’anno scolastico.
Desideriamo stimolare i bambini a rappresentare con il loro corpo il seme e l’albero, protagonisti della nostra storia.
Pensiamo di proporre il gioco della Marionetta che cade in 10 tempi, utilizzato dalla Logoteatroterapia per lavorare, tra le altre cose, sulla propriocezione, gli snodi del corpo ma soprattutto sull’alternanza di tensione e rilassamento.
Ci si mette in piedi, con le braccia tese verso l’alto e tenendo il corpo in uno stato di rigidità, come se fossimo marionette di legno. Un burattinaio immaginario taglierà i fili che ci sostengono, associando un numero a ogni parte del corpo. Al numero uno cadrà la prima mano, al due la seconda. Al tre cadrà l’avambraccio, al quattro l’altro avambraccio. Al cinque cade tutto il braccio e al sei cadrà l’altro. Al sette cadrà la testa, all’otto il busto, al nove le gambe e al numero dieci tutto il corpo.
Il corpo è ora rilassato e dovrà rimanere così per altri dieci tempi.
Infine, si risale da terra per ritornare alla posizione eretta. Questa salita dovrà ricoprire armoniosamente l’arco di dieci tempi, quindi senza andare troppo velocemente o troppo lentamente.
Una volta arrivata in classe, ci disponiamo tutti in cerchio e mostro ai bambini un ramo e una foglia, chiedendo loro di osservare cosa succede quando li lascio cadere. Notiamo che il ramo cade “dritto dritto, senza cambiare forma e velocemente”. La foglia, invece, cade “leggera leggera, facendo dei cerchi e lentamente”.
Chiedo loro come è fatto un albero e come potrebbe cadere a terra. I bambini, spontaneamente, alzano le braccia e dicono “alto, forte, duro e ti fanno male le braccia, cade come il ramo”.
A questo punto mostro ai bambini come posizionarsi, in piedi e con le braccia tese verso l’alto, proprio come alberi fortissimi. Assumo la posizione della marionetta e aggiungo che faremo cadere un pezzettino di corpo per volta e di non preoccuparsi se non conoscono tutte le parti del corpo perché le impareremo insieme. Mostro direttamente l’esercizio ma, al posto dei numeri, uso le parole “mani” e le mani cadono, “gomiti” e cadono gli avambracci, “tutto il braccio”, seguono “testa, pancia, gambe e… giù”. Cadiamo tutti a terra.
Con mia grande sorpresa i bambini svolgono l’esercizio perfettamente. Non solo. Cadendo, ciascuno di loro trova facilmente il proprio posto senza urtare i compagni e senza invadere lo spazio altrui. Si divertono tantissimo, quindi prometto alla classe che ripeteremo il gioco un’altra volta.
Prima di lasciarli, mostro loro dei disegni di alberi e il modo in cui possiamo rappresentarli con il corpo: il cipresso ha le braccia tese sopra la testa con le mani che si toccano, il salice piangente ha le braccia che cadono in maniera morbida, l’abete ha le braccia lungo i fianchi e lontane dal corpo, la quercia ha braccia muscolose che si piegano all’altezza delle spalle.
La lezione della settimana successiva prevede di lavorare sui semi.
Ripetiamo il gioco della lezione precedente e poi aggiungiamo un passaggio: una volta caduti sul pavimento, ci trasformeremo in piccoli semi che dormono nella terra. Non conterò fino a dieci come nel gioco originale ma leggerò le prime righe di una filastrocca (Aspettando la Primavera, di Simona Vezzuto), raccomandando loro di dormire profondamente, senza muoversi o alzarsi fino alla parola “sonnellino”.
Nella terra son nascosto
Sto al calduccio, al mio posto:
Sono un piccolo semino
Faccio ancora un sonnellino.
La maggior parte dei bambini riesce a stare fermo e a fingere di dormire, qualcuno fa un po’ più fatica per l’eccitazione, qualcuno sbadiglia.
A questo punto leggo la seconda parte della filastrocca: spiego che dovremo risalire da terra per trovarci in piedi alla parola “germoglio”. Non dovremo essere troppo veloci ma neanche troppo lenti o l’albero non potrà crescere nei tempi giusti.
Ma ben presto voi credete
Che sorpresa poi vedrete.
Proverò io tanto orgoglio:
Nascerà da me un germoglio
Questa parte è un pochino più difficile per loro. Alcuni risalgono troppo velocemente, altri decidono di non alzarsi affatto. Alcuni bambini, invece, risalgono trovandosi in piedi esattamente alla fine della filastrocca. Stanno pertanto lavorando sulla coordinazione uditivo-motoria e il controllo del proprio corpo.
Ripeto le istruzioni sottolineando i passaggi critici e ripetiamo l’intero esercizio un paio di volte. Decido di non dare altre correzioni e di lasciare che sperimentino liberamente.
A fine lezione, sulle note de La Primavera di Vivaldi, chiedo a ogni bambino di posizionarsi singolarmente al centro del cerchio, di mettersi in posizione tesa con le braccia alzate, di cadere e, quando si sente pronto, di risalire e assumere la forma di una pianta da rappresentare con il proprio corpo. Il gruppo proverà a indovinare di che pianta si tratta. Ripassiamo la posizione del cipresso, del salice piangente, dell’abete e della quercia e inventiamo la posizione di un fiorellino che ha le mani sotto il mento o sul viso, come petali.
Specifico che non pronuncerò le parti del corpo né leggerò la filastrocca: ognuno seguirà semplicemente i suoi tempi. Tutti i bambini rispettano i passaggi concordati (posizione tesa di partenza, caduta, riposo, risalita e trasformazione in un albero o in un fiore) e, quasi sempre, riusciamo a indovinare l’albero o il fiore rappresentato.
La maggior parte dei bambini ha molto chiaro quanto desidera rappresentare e approfondisce ulteriormente l’esercizio. Ad esempio, specificano il tipo di fiore e il colore “sono una rosa rossa”, spiegano che “sono rimasto a dormire a lungo perché dovevo diventare un cipresso alto, quindi avevo bisogno di più tempo”.
Altri si fanno aiutare dal gruppo a capire che cosa sono diventati precisamente “sei un tulipano perché hai messo le mani sul viso e il tulipano ha i petali chiusi oppure sei una rosa che deve ancora sbocciare”.
Altri bambini, di solito i più piccini, vengono aiutati a dare un significato alle loro azioni senza correggere esplicitamente l’errore: “non ti sei voluto alzare perché non era ancora il tempo di nascere”, “ti sei alzato molto velocemente perché avevi tanta voglia di diventare grande” e ancora “sei tornato nel cerchio subito dopo esserti rialzato perché sei uno di quei fiori che volano via con il vento (tarassaco)”.
Ecco come l’attività della Marionetta si è trasformato in narrazione e poesia e in una prima scena per la nostra recita di fine anno.
 

Complimenti Sara e grazie!

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