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La gestione degli imprevisti

A breve disponibile anche tramite podcast.

Come allenare l’attenzione e la capacità di portare a termine il compito prefissato anche in situazioni avverse, ovvero quando si verificano eventi inaspettati? Proviamo a farlo all’interno del laboratorio di Logoteatroterapia.
La disciplina, come esplicitato più volte, utilizza elementi e tecniche teatrali con il solo scopo di migliorare la qualità della vita di coloro che vi partecipano, agendo su aspetti fondamentali quali l’autoregolazione, l’organizzazione spazio-temporale, le Funzioni Esecutive, il linguaggio congruo e contestuale e molto altro ancora. Vediamo adesso insieme uno di questi aspetti.
Venerdì mattina. Uno dei ragazzi impegnati nella realizzazione della prossima performance, si ritrova a far le prove da solo. Paolo (nome di fantasia) è un adolescente affetto da disabilità cognitiva e lieve goffaggine motoria. A volte è preda di alcune rigidità comportamentali, altre volte non decodifica velocemente il contesto, in successivi momenti non mantiene l’attenzione per un tempo sufficiente a comprendere il messaggio che gli viene dato. A dispetto di tutto ciò, Paolo è davvero bravo a recitare, impara velocemente a memoria la sequenza scenica, accetta le correzioni, si impegna a fare sempre meglio. Oggi quindi, utilizzerò le sue risorse per allenarlo nella gestione dell’imprevisto.
Per prima cosa cambio l’orientamento della scena, così che debba mentalmente ritrovare i riferimenti

Cecilia Moreschi
spaziali dentro di sé (il proprio corpo, la lateralità, i vettori) e non fuori di sé (ovvero non può più essere certo di entrare in scena dal pianoforte alla sua destra: cambiando l’orientamento ora lo strumento è alla sua sinistra). Subito dopo elimino completamente la presenza corporea degli altri attori accanto a lui, mantenendo soltanto due voci (la mia e quella di una collega) a pronunciare le battute. Paolo quindi deve mantenere tutta la sequenza recitativa fingendo di avere accanto a sé due personaggi dei quali può soltanto ascoltare le parole. Successivamente utilizzo solo la mia voce per recitare le battute dei due personaggi, e Paolo si rivolge alla sua destra riconoscendo la battuta della ragazza, e risponde alla sua sinistra differenziando le battute del ragazzo con cui è solito recitare, pur ascoltando un unico timbro che le pronuncia. In ultimo elimino gli oggetti scenici: Paolo deve fare finta di averli in mano.
Il ragazzino non si perde d’animo, anzi è galvanizzato dalla nuova sfida. Più inserisco cambiamenti, maggiore è la sua attenzione e soddisfazione nel riuscire comunque a portare a termine il compito. Mentre recita si verificano persino alcuni eventi che in altri momenti lo avrebbero distratto senza possibilità di riprendere il filo del discorso in pochi secondi, come forti rumori che provengono dall’esterno o persone che entrano in stanza per chiedere informazioni o prendere oggetti. Paolo avverte la presenza dei distrattori ma riesce a ignorarli, consapevole finalmente di quale sia l’informazione importante (la mia voce, lo spazio, gli oggetti scenici, presenti o meno) e quale invece da “tagliare in ingresso” (il clacson dell’auto all’esterno, le interruzioni).
Al termine di tutto questo lavoro, siamo entrambi davvero soddisfatti. Utilizzando la scena teatrale, ovvero qualcosa che gli piace molto, il ragazzo ha allenato, tra le altre cose, la capacità di essere più presente a se stesso e al contesto, nel “qui e ora” proprio del teatro.

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