Condivido con grande piacere un contributo di Giorgia Salemi:
Sono logopedista del Centro di Audiofonologopedia da ben 37 anni, docente presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza” nonché ideatrice, insieme a Cecilia Moreschi (logoteatroterapista) e alla dr.ssa Maria Lauriello (docente presso l’”Università degli Studi de L’Aquila) del “Metodo X”, Metodo Intuitivo, Creativo, Sensoriale.
I bambini, ragazzi e adulti con i quali si svolge la mia professione di logopedista sono affetti da ogni tipo di disturbo del linguaggio e della comunicazione: dalla sordità profondi al DSA, dal ritardo o disturbo del linguaggio espressivo al disturbo della pragmatica, dalla fragilità cognitiva al Disturbo dello Spettro Autistico, passando per l’ADHD e tanto altro ancora.
Lavorando come logopedista ho avuto in questi anni l’opportunità e la fortuna di poter partecipare ai laboratori di logoteatroterapia e collaborare agli spettacoli messi in scena dalla generosa e ispirata Cecilia Moreschi, co-ideatrice del Metodo. Vorrei, con questo contributo, soffermarmi sugli aspetti riabilitativi ed emotivi che ho potuto osservare anno dopo anno nei laboratori di logoteatroterapia. Ogni volta con rinnovato stupore, ammiro percorsi duraturi nel tempo che hanno modificato sostanzialmente il modo con cui i nostri “attori” si approcciano al mondo, interagiscono con esso, lo temono ma lo affrontano e si adattano alle situazioni che si presentano, per poi gestire il tutto in modo funzionale e pragmaticamente corretto.
All’interno di questa dimensione si verificano miracoli, anno dopo anno. Ma la logoteatroterapia non è solo emozioni; è anche scuola di vita e pertanto terapia efficace e raffinata, che va ad indagare e colmare le fragilità dell’individuo.
Gli obiettivi strettamente terapeutici, infatti, sono chiaramente la priorità di un terapista coscienzioso, in grado di non farsi pervadere dalla sola emotività che una attività del genere suscita per sua stessa natura. Da qui l’esigenza di esaminarli, elaborarli e definirli in modo da avere costantemente sotto controllo il percorso da seguire.
• Il rispetto del turno: non è facile per nessuno individuo analizzare con chiarezza il confine tra il nostro agire e quello degli altri.
• La propriocezione: non sempre si è coscienti e puntuali nell’utilizzare tutte le parti del nostro corpo, soprattutto laddove ci si trovi a eseguire un movimento su comando.
• L’organizzazione dello spazio motorio: un bambino con fragilità può avere enormi e differenti difficoltà a utilizzare lo spazio a disposizione, trovandosi spesso nel caos di un territorio che non sa definire e dominare.
• L’ideazione: moltissimi nostri pazienti non sono inclini a elaborare spontaneamente contenuti lontani dal proprio vissuto personale, rimando estremamente legati alla realtà che vivono ogni giorno, al concreto, a ciò che vede e tocca.
• La sequenza: lo scorrere del tempo va ordinato e riordinato, affinché tutto abbia un inizio, una evoluzione e una conclusione. È così per gli eventi, i componimenti scritti, i racconti, la quotidianità e tanto altro ancora.
• La memoria: a breve e lungo termine, di lavoro, uditiva, visiva e tattile è il nostro grande cavallo di battaglia. La logoteatroterapia si rivela strumento privilegiato per esercitarla e integrare successivamente tutte le informazioni
• L’empatia: eccezionale risultato (tra gli altri) dell’attivazione dei neuroni specchio, essa sarebbe nulla senza un adeguato allenamento di tali neuroni. Fondamentale per lo sviluppo delle abilità pragmatiche.
• L’attenzione: è un altro di quegli aspetti che la logoteatroterapia stimola e allena costantemente, allungandone i tempi, eliminando i distrattori, ampliando abilità quali lo shifting e la concentrazione.
• La flessibilità cognitiva: abilità descritta fra le principali funzioni esecutive, essenziale in quanto ci consente di adattare ogni nostra azione al modificarsi degli eventi.
• L’inibizione: altra funzione esecutiva fondamentale nella vita di ogni giorno che la logoteatroterapia è in grado di portare all’attenzione della persona che tende a sovrastare o a sostituirsi all’altro, oppure non è in grado di conoscere o sperimentare il limite del proprio spazio di azione.
• Il linguaggio: è chiaramente il protagonista indiscusso. Deve essere chiaro, intellegibile, comunicativo e carico di valenze e sotto valenze. La logoteatroterapia lo esercita continuamente non dimenticando di integrare gli aspetti non verbali e paraverbali.
Per questo, e molto altro ancora, ritengo la logoteatroterapia uno strumento potente, oserei dire deflagrante, capace di scuotere la coscienza di chiunque vi assista, oltre che strumento di terapia valido e carico di potenzialità. È terapia nel vero senso della parola ma usa mezzi e tocca corde che la riabilitazione convenzionale non riesce ad approcciare.
Ogni volta che assisto allo spettacolo conclusivo di un laboratorio, mi immergo in una favola reale, che rappresenta il connubio fra fantasia e realtà, come se queste due riuscissero a condividere un unico spazio e tempo dando luogo a quella magia che trova riscontro nella realtà.
E lì resto a bocca aperta perché non mi è facile definire i confini che delimitano questo orizzonte. Non siamo noi che scegliamo il teatro, è il teatro che sceglie noi e, da qual momento in poi, nulla sarà come prima.
Commenti
Posta un commento