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Teatro e Disturbo dello Spettro Autistico

A breve disponibile anche tramite podcast.

Quel giorno pioveva molto e uno dei miei più simpatici adolescenti, affetto dal Disturbo dello Spettro Autistico, arriva al laboratorio di Logoteatroterapia con grande ritardo. Non è difficile per me immaginare che il maltempo e il mancato rispetto dell’orario agiscano su di lui come destabilizzatori, a mo’ di una miccia che innesca la bomba. Infatti Lorenzo (nome di fantasia) arriva esprimendo un grande malumore. Il ritardo e la pioggia hanno sconvolto la sua routine per raggiungermi nel nostro giorno stabilito.
Entra in stanza senza salutare, senza fermarsi, inizia a vagare come una pallina impazzita, tocca tutto e sposta ogni cosa senza alcuna finalità. È un fiume di parole senza capo né coda, dalle quali si evince solo una grande irrequietezza e difficoltà a decodificare la nuova situazione adeguandosi a essa. In effetti gli altri sono già in posizione e stavano facendo il primo esercizio con me, quando Lorenzo ci ha interrotto entrando in stanza come un fiume che rompe gli argini. Non senza difficoltà riesco a intercettare il suo sguardo e a bloccare il movimento delle sue gambe. Con calma ma anche fermezza, dopo essermi assicurata di aver stabilito la connessione con lui, gli faccio notare tutte le azioni socialmente scorrette che ha appena compiuto: non bussare, non salutare, non accorgersi degli altri nella stanza, muoversi in continuazione. Ma poco dopo mi rendo conto che le sole parole non sono sufficienti al raggiungimento dell’obiettivo, quindi decido di fare il suo specchio. “Guarda Lorenzo, hai fatto così” e recito esattamente le sue azioni compiute un attimo prima. Pian piano il ragazzo inizia a prenderne coscienza ed è come se finalmente si accorgesse del luogo nel quale si trova, delle persone che gli sono accanto. Ne approfitto per ricordargli le regole sociali: bussare, salutare, non toccare gli oggetti altrui. Vedo che mi ascolta, che il gran caos dentro di lui sta cominciando ad acquietarsi. Ma non mi accontento. Desidero che la confusione si dissipi sempre più e lasci il posto al sorriso che lo caratterizza la maggior parte del tempo. Quindi gli propongo di “mandare indietro il nastro” e ricominciare da capo, come se non fosse accaduto nulla finora. Al sentire la proposta, ecco che vedo apparire il tanto agognato sorriso, in grado di illuminare il suo viso come ho veduto un’infinità di volte. Bene, siamo tutti pronti. Noi ci ridisponiamo nelle posizioni in cui eravamo fino a cinque minuti fa, e Lorenzo torna dietro la porta chiusa. Lo sentiamo bussare ed entrare solo quando qualcuno dice “avanti”. Apre la porta con il sorriso che si allarga sempre più ed esclama “ciao a tutti!” per poi chiedere subito dopo “che facciamo oggi?”.
Ecco, questo è già teatro.
Dal caos iniziale percepito ed espresso da Lorenzo, la destabilizzazione dovuta alla pioggia e alla variazione oraria, siamo riusciti insieme a trovare un luogo dove recitare; un copione da rispettare, corredato da azioni permesse e altre sconsigliate, che hanno fatto spontaneamente scaturire le emozioni positive. In questa nuova scena, della quale Lorenzo conosce in precedenza l’ambiente e quel che deve accadere, il nostro si connette perfettamente. Il caos che lo stava sovrastando si attenua fino a scomparire, una nuova storia può iniziare. Ed è una storia serena, fatta di relazione e giochi insieme.

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