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Come gestire l’iperattività

Disponibile a breve anche tramite podcast.

Un pomeriggio, con i ragazzi del laboratorio di Logoteatroterapia.
Una di loro, che chiameremo Antonella come nome di fantasia, mostra continuamente un atteggiamento iperattivo verso le attività e i compagni. Salta da un argomento all’altro, si sofferma solo su una parte dei discorsi che ascolta e quindi spesso la sua risposta non è adeguata, parla con tutti ma ascolta ben poco ciascuno.
È spesso allegra e risulta simpatica al gruppo, ma a uno sguardo più attento nei suoi confronti è evidente quanto spesso l’eloquio, il corpo e il pensiero vadano in tre direzioni differenti e possano dimostrarsi fonte di numerose difficoltà, più o meno grandi.
Durante il percorso svolto grazie alle attività di Logoteatroterapia, Antonella ha decisamente allungato i tempi di attenzione e ridotto lo spazio conversazionale che tendeva sempre a occupare, a vantaggio dei suoi compagni e di ciò che anche loro desideravano raccontare. Quale non è la mia sorpresa quindi nel momento in cui ci troviamo a riprovare la scena che la vede protagonista. Antonella è entusiasta di provare, il pezzo le piace e le dà soddisfazione, ma si ritrova preda dei vecchi schemi che credevo avesse ormai superato: incurante delle battute dei compagni, continua a intromettersi con i propri interventi (sia motori che verbali) non centrando praticamente mai il momento giusto ma essendo sempre in anticipo sul “qui e ora” della scena. Naturalmente dobbiamo ogni volta interromperci e ricominciare, fra risate e battute scherzose che in alcun modo pongono a disagio la ragazza. Ma mentre riproviamo per l’ennesima volta, mi chiedo il perché dell’accaduto. La risposta mi è chiara un attimo più tardi. Antonella era euforica all’idea di riprovare il suo pezzo e tale entusiasmo funziona come un eccesso di carburante per la macchina: la attiva troppo, la fa andare a una velocità eccessiva.
Bene, scoperto l’arcano so anche come fare per gestire il tutto. Le emozioni (che hanno la parola “muovere” nella radice etimologica) sono fondamentali per stimolare l’azione, farci muovere appunto. È però necessario allenarsi almeno in parte a governarle, per non rischiare di rimanerne schiavi. Ecco che, ancora una volta, il teatro si rivela uno strumento sopraffino in tal senso. Invito Antonella a riprendere il copione cartaceo. A soffermarsi non solo sulle proprie battute ma sull’interezza della scena completa. A immaginare, mentre riproverà a casa, gli altri tre personaggi che sono accanto a lei, ciò che dicono e come gestiscono il corpo. A visualizzare se stessa all’interno della dinamica, che non si sovrappone agli altri, anzi recita al momento giusto, né prima né dopo. Questo porre la scena “ al di fuori di sé”, immaginandola nella propria mente, l’aiuterà di certo a sbrogliare la matassa e a essere padrona dei propri interventi, quando ci ritroveremo fra sette giorni per provare ancora.
Antonella mi ringrazia del suggerimento, sorride e promette che lo farà.
Alleniamoci, dunque. Attraverso il teatro, alleniamoci alla vita.

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