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Disturbo dello Spettro Autistico e sistema mirror

Disponibile a breve anche tramite podcast.

Rebecca, nome di fantasia come i seguenti, è una ragazzina di dodici anni affetta dal Disturbo dello Spettro Autistico. Solare, simpaticissima, a tratti effervescente, è spesso preda dei propri desideri e delle proprie pulsioni relazionali che la portano (a volte) a un eccesso di azioni sia fisiche che verbali nei confronti degli altri ragazzi del laboratorio di Logoteatroterapia. Non è difficile immaginarsi che anche a scuola accada la medesima cosa, e che non tutti possano apprezzare tale valanga di attenzioni nei propri confronti. Rebecca mostra infatti difficoltà nel comprendere i messaggi non verbali trasmessi dai corpi degli altri, che a volte si allontanano o hanno moti di fastidio. Quale migliore occasione dunque del nostro appuntamento settimanale per lavorare proprio su tale aspetto?
Grazie alla rivoluzionaria scoperta dei neuroni specchio a opera di Giacomo Rizzolatti e del suo team, nonché delle innumerevoli sperimentazioni a essa seguite, siamo a conoscenza di quanto il sistema “mirror” presente nel nostro cervello sia in grado di comprendere e decodificare l’agire altrui. Occorre solo prestarvi attenzione.
Invito tutti i cinque preadolescenti nei quali è presente anche Rebecca a osservare bene il mio comportamento in un’improvvisazione nella quale è chiaro che il mio fidanzato vorrebbe lasciarmi ma io continuo a ignorare i suoi segnali mimici, gestuali, posturali e mi comporto come se fossimo la coppia più innamorata dell’universo. L’improvvisazione risulta divertente, a tratti spassosa, e tutti gli astanti ne ridono a crepapelle, dopo aver chiaramente individuato i miei comportamenti assolutamente fuori contesto. Una delle ragazze, che chiameremo Federica, mi chiede di proseguire nella recitazione e realizza un’improvvisazione similare, anch’essa molto spiritosa, dove la mancata comprensione delle informazioni non verbali del suo compagno di scena suscita grandi risate in tutto il pubblico. Instauratosi quindi un clima di grande allegria, passo a focalizzare l’attenzione di tutti i partecipanti sui vari momenti in cui il sistema mirror presente in ciascuno avrebbe dovuto modificare il comportamento degli attori. “Se fossimo stati nella vita reale, cosa avremmo capito dalla risposta corporea di Riccardo? E, una volta compresa, cosa sarebbe stato meglio fare?” Il dialogo si arricchisce di interventi sempre più pregnanti, finché invito proprio Rebecca a recitare una scena nella quale desidera tanto uscire ma suo fratello si è beccato l’influenza. Nella prima versione di questa improvvisazione, Rebecca non decodifica le informazioni di Riccardo e continua a proporre cose da fare insieme. Nella seconda versione la sua attenzione al malanno diviene eccessiva, e Rebecca tratta suo fratello come se fosse in fin di vita. Finalmente, la terza volta in cui la storia va in scena, Rebecca raggiunge un equilibrio. Vorrebbe tanto uscire, è vero, ma la vista di suo fratello ammalato la induce a cambiare programma e prendersi cura di lui.
I neuroni specchio. Le cellule cerebrali che ci consentono di comprendere l’altro, che ci portano dall’io al noi, senza le quali non potremmo mai definirci esseri sociali. Che grande scoperta. Grazie, professor Rizzolatti.

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