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Attenzione e rispetto

Disponibile a breve anche tramite podcast.

È di qualche anno fa l’intuizione che lavorare con bambini e ragazzi affetti da fragilità, tenendo bene in mente gli obiettivi terapeutici insiti in uno dei tanti giochi di logoteatroterapia, avesse in realtà un respiro più ampio, un riverbero anche dal punto di vista educativo e di crescita, sull’essere umano protagonista dell’intervento. 
È il caso di Matilde, la chiameremo così, affetta da un disturbo dell’attenzione condito da un pizzico di iperattività, che al momento delle prove dello spettacolo la portava a distrarsi in continuazione. Un rumore giunto dalla finestra, una zanzara che le passava accanto, un pezzetto di carta colorato ai suoi piedi, tutto aveva la stessa importanza ed era degno della sua attenzione, rivestendo la stessa identica rilevanza del compagno attore accanto a lei che invano tentava di coinvolgerla nella scena. Riccardo, altro nome di fantasia, dal canto suo mostrava enorme difficoltà a mantenere il contatto oculare con altri individui, preferendo di gran lunga le assi del pavimento mentre pronunciava la battuta. Ecco dunque che i due apparivano come rette parallele destinate a non incontrarsi. Nondimeno, ciascuno (dopo un lungo lavoro) era abbastanza bravo nel proprio personaggio e le proprie battute, ma diveniva preda dei suoi pensieri o di qualsivoglia stimolo visivo o uditivo appena il turno passava all’amico o all’amica. L’allungamento dei tempi di attenzione e la capacità di riuscire a escludere le informazioni non pertinenti a vantaggio di quelle importanti fece sì che Matilde fosse maggiormente dentro la scena anche quando le battute non erano pronunciate da lei. Riuscii a ottenere questo risultato facendole notare che distrarsi in continuazione era anche una mancanza di rispetto nei confronti di Riccardo, il quale non era invogliato in alcun modo a guardarla negli occhi, visto che lei per prima fissava tutt’altro. In una scena recitata, invece, l’ascolto e la totale partecipazione dell’uno permette la migliore prestazione dell’altro e viceversa. Il rapporto di empatia che si crea, pur nel rispetto dell’espressività e della postura richiesta dal proprio personaggio, aumenta almeno di un 10-20 % la prestazione di entrambi. Ancora: ciascuno riveste la funzione di “cuscino” dell’altro, qualora ci si dovesse dimenticare di una battuta o di un’azione da compiere. Di conseguenza, il compagno sarà di certo pronto a trovare una soluzione che tragga d’impaccio la scena e gli attori coinvolti.
L’allungamento dei tempi d’attenzione e il mantenimento del contatto oculare sono quindi al contempo sia obiettivi terapeutici che elementi tramite i quali alleniamo il rispetto, il rapporto, l’empatia e la collaborazione. 
La stessa identica cosa dovrebbe accadere in una normalissima conversazione tra amici: contatto oculare, ascolto, empatia, attenzione, rispetto. Per questo è così importante il teatro e, nel caso specifico, la logoteatroterapia. Per gli innumerevoli riverberi delle competenze acquisite nella vita reale, che potrà divenire in questo modo tanto più soddisfacente e ricca, per i nostri ragazzi e tutti noi.

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