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Fare teatro in videochiamata streaming

In questo momento così delicato e difficile il laboratorio di Logoteatroterapia va
avanti con l’unica modalità possibile: incontrare i bambini e ragazzi tramite video
chiamate. Numerose sono le possibilità alla nostra portata, basta scegliere la migliore
piattaforma per potersi incontrare, guardarsi negli occhi, sorridersi e tentare di
proseguire il lavoro che stavamo portando avanti insieme.
Di certo non è possibile compiere la maggior parte dei giochi e degli esercizi che
abbiamo sempre fatto insieme, dal vivo. Ma questa nuova modalità di incontro ci fa
inevitabilmente “abbandonare un po’ di zavorra” portandoci a focalizzare l’attenzione
su obiettivi minimi ma indispensabili, per continuare a esercitare gli elementi
necessari, imprescindibili della comunicazione.
Innanzi tutto lavoriamo sul contatto oculare: parlandoci tramite lo schermo del pc
dobbiamo per forza prolungare il contatto visivo con chi sta dall’altra parte. Di
conseguenza vengono allungati i tempi attentivi e la concentrazione. In seconda
Cecilia Moreschi
istanza ciascuno è stimolato a formulare frasi il più possibile chiare, diminuendo le
inflessioni dialettali, rallentando l’eloquio, articolando sempre più correttamente
affinché il messaggio che si vuole trasmettere sia il più possibile chiaro e pulito. Sono
quasi completamente diminuite le distrazioni, dal guardare lo smartphone all’alzarsi
per andare in bagno, o interrompersi a causa di rumori di sottofondo che in altri tempi
avrebbero fatto voltare la testa a molti di noi. Perché il tempo che trascorriamo
insieme è prezioso e non ne va perso nemmeno un frammento.
La prima video chiamata con Andrea (nome di fantasia) durò pochi minuti. Il ragazzo
affetto da ipoacusia, non riusciva a comprendermi tramite il video e perse ben presto la
pazienza. Ma la settimana successiva andò un po’ meglio, quando si rese conto che
solo guardandomi tutto il tempo avremmo potuto continuare a raccontarci la storia su
cui stavamo lavorando. E la terza settimana non solo era prontissimo all’ora stabilita,
ma lavorò con me per il doppio del tempo, non interrompendo mai il contatto oculare.
Oltre a raccontarmi la vicenda di Ulisse, che aveva studiato durante tutta la settimana,
presto si alzò in piedi e me ne recitò dei brani, mimando di volta in volta Polifemo,
Ulisse legato per non cedere al canto delle sirene, i Proci che non riescono a tendere
l’arco nel capitolo finale.

Con Rossana (nome di fantasia), bambina di quinta elementare anche lei affetta da
ipoacusia, abbiamo iniziato a lavorare sulle rime. Per fortuna disponiamo dello stesso
libro di poesie, ed è proprio grazie alla lettura di alcune di esse che la bimba riesce a
comprendere la sonorità, il ritmo del verso e le parole che fanno rima. Si focalizza
moltissimo sulla lettura labiale, esclude gli altri rumori della stanza, la sua attenzione
uditiva è tutta per la mia voce che le recita una filastrocca. Riesce a distinguere tra la
rima baciata e la rima alternata, fino a comporre lei stessa un breve poesia.
Con altre bambine lavoriamo in ascolto sulla percezione della durata del suono, con i
più piccini sul significato delle espressioni del viso e l’associazione di frasi adeguate
alle varie espressività.
Ad altri ancora propongo la costruzione di una sorta di burattini che reciteranno le
storie che stavamo preparando, realizzati con materiali di recupero che in questo
momento ciascuno di noi ha a portata di mano.
Dopo ogni video chiamata ci salutiamo con un piccolo incarico, un compito
assegnato che i bambini e i ragazzi devono portare avanti fino al prossimo
appuntamento e che dona loro la giusta motivazione per continuare a lavorare, a
impegnarsi.
Tutti noi speriamo che questo tempo di reclusione termini al più presto. Ma
nell’attesa, cerchiamo di fare in modo che per i più piccoli sia un tempo pieno di cose
da imparare, ricco di oggetti da creare e di storie da raccontare.

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