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Integriamo le informazioni

Mi sono ritrovata spesso a dialogare sull’uso della Logoteatroterapia come mezzo e non come fine. La disciplina utilizza il teatro per esercitare quelle facoltà in grado di migliorare la vita di chiunque partecipi ai laboratori. Tutto quel che facciamo a teatro lo ritroviamo poi nella nostra vita di ogni giorno, e maggiori competenze avremo per “trarci d’impaccio” nelle più svariate situazioni, meglio vivremo in armonia con noi stessi e gli altri.
Facciamo dunque un esempio. Ci troviamo a seguire un corso, magari all’università. Il professore spiega mostrandoci delle slides. Noi allievi dobbiamo pertanto utilizzare tutta la nostra attenzione uditiva (per trattenere in memoria ciò che il docente dice) quella visiva (per desumere dalle slides i concetti principali) e in poche frazioni di secondi, tramite la memoria di lavoro, integrare tutte queste informazioni e trasformarle in parole scritte che depositiamo nel blocco in cui stiamo prendendo appunti. Questa attività richiede dunque numerose competenze che vanno a integrarsi per ottenere il prodotto finale ovvero appunti presi in maniera chiara, sequenziale e finalizzata

Cecilia Moreschi
all’apprendimento dei concetti principali del corso.
Mi sono trovata spesso a riflettere sul fatto che l’integrazione delle informazioni è una abilità che ci viene richiesta spessissimo. Alleniamola, dunque, tramite esercizi di Logoteatroterapia.
Durante un laboratorio mi trovo a lavorare con una bambina di grande intelligenza ma affetta da disturbo dell’attenzione e iperattività. Tale disturbo la porta spesso ad agire frettolosamente, perdendosi per strada elementi importanti per la sua vita, sia riguardo gli apprendimenti scolastici che lo sport, o i giochi di gruppo con gli amici. Decido quindi di rafforzare la sua abilità di integrazione delle informazioni.
Nella Logoteatroterapia partiamo sempre dall’attività motoria. Quindi, dopo un breve esercizio di scioglimento del corpo, in consegna mimica le propongo di muovere uno degli arti superiori in una data maniera. Poco dopo aggiungiamo l’altro con un movimento differente. Quindi un arto inferiore in una terza modalità e per finire l’ultimo arto in un nuovo modo ancora. Ecco quindi che le nostre braccia e le nostre gambe stanno compiendo in sincrono quattro azioni diverse, esattamente come il batterista che suona il suo strumento o il pilota di un’autovettura.
Ma torniamo alla bambina con la quale sto lavorando. Poco dopo la invito a salire sul palco e improvvisare secondo le mie indicazioni. Deve entrare in scena camminando normalmente, finché un oggetto posto al centro del palco non attirerà la sua attenzione. Tale oggetto (che a sua scelta può essere un biglietto, un gioco rotto, un cucciolo e così via) dev’essere in grado di cambiare il suo stato d’animo e far scaturire il linguaggio congruo e contestuale sotto forma di battuta o piccolo monologo improvvisato. La mia giovane attrice deve pertanto integrare questa consegna (che sta trattenendo nella memoria di lavoro) con la gestione dello spazio scenico, con l’uso dell’oggetto, con l’espressione dello stato emotivo scelto in precedenza, fino a produrre una battuta adeguata alla scena. Quante informazioni da integrare in pochi secondi! L’attrice prova, la prima volta va troppo in fretta e tralascia una parte del lavoro. Ma non si scoraggia, rallenta e riprova più volte fino a realizzare una sequenza scenica perfetta, corredata di tutte le informazioni che le avevo richiesto, ordinate nella successione corretta e assolutamente credibile per il pubblico che guarda.
E il suo sorriso brilla, almeno quanto esplode l’applauso che chiude la sua interpretazione.

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