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Tutti possiamo essere agenti terapeutici degli altri

A breve disponibile anche tramite podcast.

Lavoro con un’adulta affetta da un grado lieve di disabilità intellettiva. Ci conosciamo da tanto tempo, ha già partecipato per svariati anni al laboratorio di Logoteatroterapia. Persino su zoom, durante i duri mesi di reclusione. È una persona aperta e simpatica, sempre pronta al sorriso e alla battuta scherzosa.
In questo nuovo percorso, dopo alcune settimane le propongo di unirci a un ragazzo con la Sindrome di Down e alla sua terapista: in quattro la Logoteatroterapia sarà di certo più divertente e motivante. La ragazza, che chiameremo Irene, accetta con ritrosia: per tutta la durata della seduta parla poco e quasi solo con me. “Strano” penso fra me e me “Di solito Irene è così socievole con tutti. Forse deve solo abituarsi pian piano alla nuova

Cecilia Moreschi
situazione”. Eppure qualche giorno dopo il genitore mi informa che Irene non si è sentita a suo agio con l’altro ragazzo e che preferirebbe proseguire come al solito soltanto con me. Potrei anche accontentarla, ma mi è subito chiaro che questo non sarebbe il suo bene. Sono infatti convinta che la piena realizzazione di ogni essere umano sia non solo nel ricevere ma anche (e soprattutto) nel dare. Quindi la settimana successiva le faccio notare con grande delicatezza, quanto lei può essere d’aiuto a quel ragazzo, in quanto ha già conquistato varie abilità, conosce moltissime cose, e di certo lui gioverebbe enormemente anche solo standole vicino. Immediatamente Irene cambia atteggiamento e anche stato d’animo: si rende conto di poter essere utile a un’altra persona. Afferma chiaramente di voler continuare a lavorare con quello che ormai definisce un amico, e volerlo aiutare a “diventare bravo come me”.
Detto fatto. Nelle settimane seguenti Irene diventerà un vero punto di riferimento per Giovanni, il quale si affezionerà moltissimo a lei. Realizzeranno insieme una piccola scena per lo spettacolo finale, e Irene non la smetterà più di raccontare a tutti quanto lei e Giovanni siamo amici speciali. Non solo: l’aiutare il ragazzo in vari piccoli o grandi esercizi, migliorerà moltissimo gli apprendimenti di Irene degli stessi. La ragazza infatti non si era mai dedicata così tanto all’esercitazione del ritmo, della propriocezione o della pausa come quando li doveva insegnare a Giovanni.
Una volta di più mi accorgo come ciascuno, anche la persona più improbabile, può essere fonte di crescita e cambiamento per chiunque altro. E che il donare qualcosa di noi stessi per il benessere dell’altro, aumenta immensamente l’autostima. Anzi, potremmo proprio dire la felicità.

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