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Neuroni specchio a teatro e nella vita

Disponibile anche tramite podcast.

A metà anni ’90 i neuroni specchio erano appena stati scoperti dal neuroscienziato di Parma Giacomo Rizzolatti e il suo team, ma io ancora non ne sapevo nulla. Avevo appena concluso la scuola di recitazione e gli studi universitari di teatro, quando mi chiamarono per preparare una serie di spettacoli basati sulle fiabe classiche, che sarebbero poi andati in scena in una manifestazione estiva per bambini.
Per ogni ruolo il regista voleva due attori pronti all’interpretazione. Io e un collega attore fummo quindi scelti per la parte di Pinocchio. In sede di prove (nelle quali il copione era più una sequenza di azioni sceniche, un canovaccio che una drammaturgia vera e propria) l’altro attore iniziò a provare il personaggio prima di me, insieme alla Fata Turchina, al Gatto e alla Volpe e così via. Di conseguenza, senza saperlo, io ebbi l’opportunità di allenare la mia performance grazie all’attivazione dei neuroni specchio, che iniziarono a formare nella mia mente una serie di pattern

Cecilia Moreschi
motori ed espressivi necessari a tutte le scene della storia. L’attore/Pinocchio prima di me non fu eccelso: malgrado il suo impegno, fece perdere la pazienza più volte al nostro regista, il quale si affrettò a chiamare la sottoscritta per sostituirlo. La mia interpretazione fu invece molto buona, tanto da suscitare applausi e complimenti da tutto il gruppo. In realtà il merito era dei neuroni specchio e del vantaggio che avevo avuto di prepararmi all’esecuzione solo osservandola, seppur non sapendo nulla di tutto ciò. Così, sia io che il regista attribuimmo al mio presunto talento recitativo la riuscita della performance.
Tutto crollò la settimana successiva, nella quale il regista mi chiamò a interpretare per prima il Gatto con gli Stivali e stavolta non fui altrettanto brillante.
Negli anni ho ripensato spesso a questa serie di eventi, ma solo una volta che ho conosciuto, studiato e sperimentato i neuroni specchio, ho perfettamente compreso cos’era accaduto. Non avevo ancora nel mio bagaglio di attrice, una serie di esperienze e pattern motori in grado di sostenere qualsivoglia interpretazione; di conseguenza solo l’attivazione dei neuroni specchio era in grado di stimolare una mia performance adeguata alla richiesta. Con il trascorrere degli anni, le varie esperienze, le prove, lo studio, la visione del lavoro di numerosi colleghi e grandi attori, ho riempito un po’ di più quel “bagaglio recitativo” tanto da poter ora sostenere (più o meno bene) le eventuali richieste.
Per questo è estremamente importante fornire ai nostri bambini o ragazzi affetti da qualsivoglia problematica una serie di risposte motorie, espressive, verbali, da poter sperimentare nel setting protetto della logoteatroterapia, da poter poi spendere non solo sul palco al momento dello spettacolo, ma soprattutto in numerose situazioni concrete della vita reale.

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