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Teatro gestuale e uso delle mani

Disponibile a breve anche in versione podcast.

Un pomeriggio, al laboratorio di Logoteatroterapia per ragazzi.
Uno di loro, che chiameremo Alessio, ha enormi talenti. Un’intelligenza brillante, vivace; senso dell’ironia; capacità di comprendere aspetti umani e sociali che va decisamente oltre la sua giovane età. Eppure, sia nell’eloquio spontaneo all’interno di conversazioni con gli adulti o il gruppo dei pari, che nelle improvvisazioni con gli altri attori, la sua capacità dialettica tende a essere un problema più che una risorsa. Eh sì, il nostro è perfettamente in grado di iniziare una discorso su qualsivoglia argomento, ma oltre a prendersi spesso lo spazio conversazionale altrui, non riesce in breve tempo a terminare quel che intende dire. Un argomento gliene fa aprire un altro, poi un altro ancora in una sorta di spirale senza fine, che presto o tardi stanca l’interlocutore o quantomeno lo porta a distrarsi.
Nel corso delle sedute di laboratorio abbiamo tentato in vari modi di dare forma e contenuto a questo fiume in piena di parole, con risultati altalenanti, finché improvvisamente mi rendo conto di un particolare assolutamente significativo. Mentre improvvisa un monologo o recita una scena con l’altra attrice, Alessio tende a riporre le mani in tasca. E quando lo invito a utilizzarle come corollario gestuale delle battute che sta pronunciando, mi accorgo dell’utilizzo ipotonico, debole, assolutamente instabile delle sue mani. Tutta la sua attenzione risiede sul linguaggio espressivo, denso di metafore e corollari spesso arguti ed eleganti, ma che deviano in breve tempo in un discorso senza fine. Ecco, penso fra me e me, che sciocca sono stata. Anche io mi sono lasciata prendere dalla sua capacità dialogica e ho cercato di darle forma senza assolutamente accorgermi dell’utilizzo pressoché inesistente delle mani.
Numerosi sono gli studi che dimostrano l’enorme importanza della gestualità come attività ordinatrice del pensiero; come sostegno per il problem solving e la memoria, non ultima la working memory; in generale come modifica e influenza positiva per vari processi cognitivi. Inoltre, vari recenti studi di neuroimaging, hanno inequivocabilmente dimostrato come gesti e linguaggio siano controllati dallo stesso sistema neurale, tanto da ipotizzare l’evoluzione del linguaggio verbale proprio da azioni brachiomanuali.
Eccola quindi la chiave di volta. E dire che era stata sotto ai miei occhi per tutto questo tempo. Ora ho solo l’imbarazzo della scelta riguardo le attività da proporre per ampliare questo ambito. Parto con un training di riscaldamento che si rivolga solo alle mani, ai loro muscoli e articolazioni, per poi creare una piccola storia fatta solo di gesti convenzionali e facilmente accessibili che tutti replicano grazie all’imitazione. Quindi propongo ai miei giovani attori un’improvvisazione a due personaggi: il primo potrà produrre battute verbali, il secondo risponderà solo con linguaggio non verbale, fatto da postura, mimica facciale e soprattutto gestualità. Il primo dovrà ascoltare, comprendere la battuta non verbale, rispondere adeguatamente e così via. Eccolo dunque, il gesto che accompagna, sostiene, chiarisce e definisce la frase.
Le mani, gli strumenti principali con i quali conosciamo il mondo.
E il mondo conosce noi.

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