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Riprendiamo il discorso della scorsa settimana su linguaggio, comprensione ed efficace comunicazione
Un pomeriggio, al laboratorio di Logoteatroterapia, sto lavorando con un bambino affetto da ADHD che chiameremo Gianni. Stiamo provando la messinscena del nostro prossimo spettacolo e Gianni ha la prima entrata in scena. Freme per iniziare, non vede l’ora di pronunciare le battute che ricorda alla perfezione ma tralascia completamente le azioni sceniche che precedono il contenuto verbale. Ne approfitto quindi per lavorare sull’ascolto e la comprensione. Gli leggo la didascalia del copione nella quale ci sono le azioni che dovrebbe compiere (ovvero “Gianni entra in scena quatto quatto, si ferma al centro, si gira verso il pubblico e mette il dito indice sulla bocca, chiaro segno del fare silenzio”). Il bambino, appena sente “Gianni entra in scena” non riesce a impedirsi di trasformare in azione motoria la frase e sta per precipitarsi nello spazio scenico, quando lo invito a fermarsi e darsi il tempo di ascoltare l’intera didascalia. Gliela ripeto due volte affinché l’abbia ben compresa e gli chiedo se ha trasformato la sequenza in immagini nella sua mente, mentre mi ascoltava stando completamente fermo. Mi assicura di averlo fatto. Infatti ora entra in scena e recita alla perfezione.
Il copione teatrale, per sua stretta natura, è assolutamente essenziale. Ci sono azioni da compiere, emozioni da esprimere e frasi da pronunciare. E se nella fretta l’attore o l’attrice dimenticano o sintetizzano il contenuto della didascalia, il regista chiede di ricominciare tutto da capo, perché ogni azione, espressione, gesto o postura ha un significato e comunica un messaggio al pubblico, pertanto non si può eliminare o compiere in fretta.
Ecco quindi che il copione e le prove della messinscena si collocano come ulteriore strumento comunicativo. Da una parte gli adulti (ovvero il drammaturgo e il regista) devono necessariamente fornire un messaggio chiaro e in sequenza di azioni ben organizzata. Dall’altra i bambini o ragazzi che recitano sono invitati ad ascoltare, comprendere, formare prima di tutto nella propria mente la sequenza motoria e solo in un secondo momento recitare con corpo e voce nello spazio e con gli altri attori. Del resto, come affermato da Dario Fo (e non soltanto) nel Manuale minimo dell’attore, l’essere umano dispone di una telecamera in testa, la quale lavora per immagini e trasforma in queste ultime le molteplici informazioni che ci giungono tramite i nostri sensi. E ancora una volta il Teatro, qualora utilizzato come mezzo e non come fine, si dimostra un efficacissimo strumento di comprensione e comunicazione fra gli esseri umani.
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