Disponibile a breve anche tramite podcast.
“...più che una guida o un regista, a Scampia ci voleva un domatore di leoni. O forse ci voleva semplicemente qualcuno che si mettesse in ascolto, che ascoltasse quei leoni e i loro ruggiti. La loro fragilità e il loro nasconderla con atteggiamenti spavaldi e inquietanti. Il loro dire di no, perché qualcuno se ne interessasse un poco e per davvero, a quel no, tanto da riuscire a trasformarlo in un sì.”
Queste parole sono di contenute nel volume di Marco Martinelli Aristofane a Scampia che narra l’esperienza dell’autore e dei suoi collaboratori in anni di Teatro e Teatro Ragazzi con gli adolescenti di Scampia.
Mi ha subito colpito quel “trasformare il no in un sì”. È in parte tipico dell’adolescenza l’essere ribelli, provocatori, a volte oppositivi solo per il gusto di rifiutare proposte dal mondo adulto, e sappiamo bene quanto tutto questo in realtà sia di sostegno alla crescita dell’individuo e alla formazione del proprio sé. Ma quando il “no” viene da bambini che frequentano la scuola primaria e che soffrono di tratti oppositivi o oppositivo-provocatori, è un altro paio di maniche.
Gianluca (nome di fantasia) ha nove anni, un’enorme vivacità, uno spiccato talento per la recitazione, poca aderenza alle regole sociali e soprattutto un rifiuto totale verso qualsiasi nuova proposta, nuova iniziativa o semplice imprevisto.
Allo spettacolo conclusivo del nostro percorso di logoteatroterapia improvvisamente un altro bambino non può più partecipare. Conosco bene il talento e la memoria di Gianluca, quindi chiedo a lui di sostituirlo in aggiunta alla parte che ha già. Quale non è la mia sorpresa quando il ragazzino rifiuta e si mette in atteggiamento corporeo di tale chiusura da farmi quasi ipotizzare di desistere e rivolgermi a un altro. Ma è solo un attimo. Ricordo subito che il rifiuto è la sua prima reazione ma (visto che so bene quanto gli piaccia recitare) voglio impegnarmi a fondo per far sì che Gianluca si conceda il tempo e la calma necessari a trasformare quel no in un sì. Sarà liberissimo di perpetrare il rifiuto se proprio non se la sente, ma io devo fare tutto quel che è in mio potere per non farlo restare vittima dei suoi “no” e aiutarlo a decidere serenamente. Quindi gli mostro cosa deve fare recitando io per prima. Faccio in continuazione battute scherzose in modo che il clima sia leggero e divertente. Gli altri bambini, nemmeno ci fossimo messi d’accordo, cercano di coinvolgerlo in tutti i modi. Gli mostro la scena una seconda volta, rallentando il tutto così da farglielo memorizzare con più facilità e amplificando le parti comiche. L’atmosfera che si crea è colma di sorrisi e comicità, mescolati al lavoro e alla concentrazione. Percepisco che il suo corpo inizia a rilassarsi, lo sguardo non sfugge più, i muscoli sono meno tesi. Gianluca ride, riconosce che la scena è divertente. Gli ribadisco che è libero di dirci di no, ma che io sono certa che potrebbe farcela e lui legge nei miei occhi tutta la sincerità di queste parole. Subito dopo la bambina con cui dovrebbe recitare gli chiede “Allora, te la senti?” e lui risponde di sì con tutta la naturalezza del mondo. Ricominciamo. Si alza dalla sedia, va nello spazio preposto e sorprende tutti noi visto che ha già memorizzato quasi l’intera sequenza scenica, sia corporea che verbale e spaziale. Un grande applauso conclude il tutto, insieme al mio abbraccio mentre gli dico “Hai visto? Lo sapevo che ce l’avresti fatta!”, al che lui risponde semplicemente “sì”.
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