Una volta scelto l’argomento da mettere in scena, e assegnati i personaggi ai bambini o ai ragazzi, nella logoteatroterapia si procede con piccole improvvisazioni in cui gli attori stessi creano la drammaturgia. Quest’ultima viene velocemente trascritta da uno sceneggiatore mentre il gruppo di attori la fissa insieme alla sottoscritta, trasferendo pertanto su carta le azioni sceniche, l’espressività, le battute dei personaggi.
In un secondo momento questo abbozzo di una o più scene viene da me corretto, migliorato e ampliato, fino a restituire ai giovani attori il copione finito, la settimana successiva. I protagonisti di quella scena sanno pertanto che sono stati essi stessi a crearla, e spesso ripeto loro che “come tutte le opere d’arte, prima non c’era, e adesso c’è grazie a voi”. Ora non resta che leggere insieme il testo per imparare a memoria la parte.
La lettura si fa tutti insieme, con il supporto della teatroterapista o logopedista che interviene a frongeggiare le eventuali cadute del bambino, affinché il piccolo non ceda alla frustrazione. Quest’ultimo legge con tutti soltanto se sta frequentando almeno la seconda classe della scuola primaria. In caso di bambini più giovani, saranno gli adulti a leggere loro il testo, stimolando in tal modo la memoria uditiva per memorizzare le battute.
Tutti i testi teatrali non sono di facile lettura: al loro interno presentano almeno tre tipologie di carattere differenti, che rimandano ad altrettanti diversi significati e determinano se leggere a voce alta o meno quell’elemento.
Nel copione ci sono le didascalie, solitamente scritte in corsivo, che esprimono l’azione scenica, ciò che l’attore fa e non quel che dice (ad esempio Andrea passeggia nervosamente avanti e indietro, torcendosi le mani). Nella logoteatroterapia appaiono i nomi degli attori, non quelli dei personaggi che implicherebbero un ulteriore passaggio astratto, a volte non funzionale all’apprendimento che intendiamo perseguire. Il nome solitamente viene scritto in grassetto, e indica chi pronuncia la battuta (per esempio, dopo la didascalia di cui sopra, ci sarà il nome dell’attore, Andrea, seguito dai due punti. Il bambino Andrea pertanto, si prepara a pronunciare ciò che segue dopo i due punti). Infine ci sono le battute che i vari attori devono recitare, scritte in carattere normale, con virgole, punti e punti e virgola a indicare le pause e i momenti in cui l’attore può riprendere fiato. (per esempio Andrea: Ma quanto ci mette? Mi sono stufato di aspettare!).
Il bambino che si trovi a leggere il copione deve perciò comprendere il significato degli elementi a seconda della modalità grafica in cui sono scritti, selezionare quel che deve pronunciare da ciò che deve solo leggere con gli occhi, enunciare le proprie battute a voce alta, in maniera intelligibile a tutti e con la corretta intonazione dovuta all’emozione espressa in quel momento.
In ultimo, la lettura teatrale rende immediatamente viva per il bambino la differenza tra discorso diretto e discorso indiretto, con cui si scontrerà spesso a scuola nelle ore di italiano. Nel momento in cui si decide la storia da mettere in scena, essa viene raccontata (esempio: la mamma chiese a Cappuccetto Rosso di andare dalla nonna). Ma appena ci mettiamo a recitarla e successivamente a leggerne il copione, ecco che quel che era discorso indiretto si trasforma in diretto (Mamma: Cappuccetto, per favore, potresti andare a trovare la nonna?).
Quante abilità il bambino si ritrova a utilizzare nella sola azione di “leggere il copione insieme”.
In un secondo momento questo abbozzo di una o più scene viene da me corretto, migliorato e ampliato, fino a restituire ai giovani attori il copione finito, la settimana successiva. I protagonisti di quella scena sanno pertanto che sono stati essi stessi a crearla, e spesso ripeto loro che “come tutte le opere d’arte, prima non c’era, e adesso c’è grazie a voi”. Ora non resta che leggere insieme il testo per imparare a memoria la parte.
La lettura si fa tutti insieme, con il supporto della teatroterapista o logopedista che interviene a frongeggiare le eventuali cadute del bambino, affinché il piccolo non ceda alla frustrazione. Quest’ultimo legge con tutti soltanto se sta frequentando almeno la seconda classe della scuola primaria. In caso di bambini più giovani, saranno gli adulti a leggere loro il testo, stimolando in tal modo la memoria uditiva per memorizzare le battute.
Tutti i testi teatrali non sono di facile lettura: al loro interno presentano almeno tre tipologie di carattere differenti, che rimandano ad altrettanti diversi significati e determinano se leggere a voce alta o meno quell’elemento.
Nel copione ci sono le didascalie, solitamente scritte in corsivo, che esprimono l’azione scenica, ciò che l’attore fa e non quel che dice (ad esempio Andrea passeggia nervosamente avanti e indietro, torcendosi le mani). Nella logoteatroterapia appaiono i nomi degli attori, non quelli dei personaggi che implicherebbero un ulteriore passaggio astratto, a volte non funzionale all’apprendimento che intendiamo perseguire. Il nome solitamente viene scritto in grassetto, e indica chi pronuncia la battuta (per esempio, dopo la didascalia di cui sopra, ci sarà il nome dell’attore, Andrea, seguito dai due punti. Il bambino Andrea pertanto, si prepara a pronunciare ciò che segue dopo i due punti). Infine ci sono le battute che i vari attori devono recitare, scritte in carattere normale, con virgole, punti e punti e virgola a indicare le pause e i momenti in cui l’attore può riprendere fiato. (per esempio Andrea: Ma quanto ci mette? Mi sono stufato di aspettare!).
Il bambino che si trovi a leggere il copione deve perciò comprendere il significato degli elementi a seconda della modalità grafica in cui sono scritti, selezionare quel che deve pronunciare da ciò che deve solo leggere con gli occhi, enunciare le proprie battute a voce alta, in maniera intelligibile a tutti e con la corretta intonazione dovuta all’emozione espressa in quel momento.
In ultimo, la lettura teatrale rende immediatamente viva per il bambino la differenza tra discorso diretto e discorso indiretto, con cui si scontrerà spesso a scuola nelle ore di italiano. Nel momento in cui si decide la storia da mettere in scena, essa viene raccontata (esempio: la mamma chiese a Cappuccetto Rosso di andare dalla nonna). Ma appena ci mettiamo a recitarla e successivamente a leggerne il copione, ecco che quel che era discorso indiretto si trasforma in diretto (Mamma: Cappuccetto, per favore, potresti andare a trovare la nonna?).
Quante abilità il bambino si ritrova a utilizzare nella sola azione di “leggere il copione insieme”.
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