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E finalmente... si va in scena

Il due e il quattro luglio scorso sessanta giovani attori affetti da disabilità legate all’area del linguaggio hanno magistralmente interpretato L’isola di Shakespeare, testo composto da adattamenti di alcune opere del celebre autore inglese, consoni alla loro età e al grado di difficoltà, e la piéce C’era una volta… a teatro, entrambi realizzati dalla sottoscritta.
L’età degli attori variava dai cinque ai trentasei anni, e le loro disabilità spaziavano dall’ipoacusia al DSA, passando per il DSL, DGS, la sindrome di Down, ADHD, iperattività e la disabilità intellettiva.
Il lavoro svolto all’interno del laboratorio di Logoteatroterapia, oltre a fornire loro competenze teatrali atte a renderli autonomi sul palco, ha introdotto 29 dei più grandi all’opera del Bardo facendoli appassionare alle commedie e all’unica tragedia da me scelte per l’Isola di Shakespeare, mentre 31 dei più piccini sono stati accompagnati verso l’incantato mondo delle fiabe classiche nello spettacolo C'era una volta... a teatro.
Dopo qualche mese di laboratorio, in cui oltre a conoscere meglio se stessi, si instaurano nuove e maggiormente autentiche relazioni con gli altri, acquisendo i primi rudimenti dell’arte scenica, sono passata alla scelta dell’argomento sul quale realizzare le due performance finali. Parlo di argomento e non di testo in quanto in questi anni ho sviluppato una metodologia che mi permette di scrivere insieme ai miei giovani attori ciascun copione teatrale adatto alle persone speciali che mi trovo davanti, arricchito dalle loro idee e dagli spunti scenici che mi hanno fornito durante l’anno.
Cecilia Moreschi
Se questo è vero con le classi o i gruppi di bambini e ragazzi con i quali opero da più di vent’anni attraverso il teatro, lo è ancor di più nei laboratori di Logoteatroterapia, all’interno dei quali mi trovo spontaneamente a inserire nel testo da portare in scena alcuni degli elementi su cui ciascun attore deve migliorare. Oltre a valorizzare e mostrare i vari punti di forza, le abilità già acquisite e consolidate, gli attori saranno stimolati a intervenire proprio sui punti più critici. Il tutto avviene immersi in un’atmosfera in cui la leggerezza, il gioco, il sorriso sono sempre presenti, dove è pressoché totale l’assenza di giudizio, dove non c’è alcuna fretta o pressione di raggiungere a ogni costo il risultato in breve tempo.
La motivazione a provare e riprovare una scena finché non ci soddisfi pienamente è altissima, dato che poi realizzeremo quella stessa scena o gag in teatro davanti al pubblico; questo fa sì che ciascuno non mostri alcuna opposizione o remora a provare più volte, cercando sempre di migliorarsi e raggiungere l’obiettivo richiesto.
Ciascuno degli attori ha effettuato notevoli passi nel cammino della propria vita in questi mesi. Ma forse l’esperienza più degna di nota è quella di Andrea (nome di fantasia) di cinque anni.
Il bambino è affetto da otodisplasia sinistra e disturbo misto del linguaggio e della comprensione. Nelle prime settimane di settembre 2018, ha solo quattro anni e inizia a partecipare al laboratorio di Logoteatroterapia. Durante le prime sedute, Andrea tiene gli occhi bassi, non parla con nessuno, non si relaziona. Poi pian piano alza lo sguardo, mantiene il contatto oculare, impara i nomi dei compagni. Riesce a pronunciare il suo con un filo di voce, partecipa con sempre maggior sicurezza ai giochi e alle esercitazioni. È molto interessato al racconto della favola I tre porcellini, accetta di interpretare uno dei personaggi. Gli altri bambini lo prendono “sotto la propria ala”, portandolo per mano in scena, sistemando la sua posizione laddove non sia corretta, fornendogli sempre il giusto spazio. Andrea pian piano impara le battute da recitare, associate alla gestualità consona al personaggio. Si muove in scena con sempre maggior sicurezza, inizia a ridere, a divertirsi. Ricorda sempre più elementi della performance, tanto da essere sempre più autonomo nella realizzazione.
Al momento del saggio in teatro sale sul palco senza alcun timore e la sua scena diverte e commuove tutto il pubblico.
Incontro la sua mamma pochi giorni dopo; felice dell’esperienza fatta dal figlio, mi confida che a suo parere Andrea ha iniziato a parlare proprio grazie al teatro: infatti a casa ripeteva le battute e i gesti da recitare, e solo vedendo lo spettacolo la mamma ha finalmente compreso che stava ripetendo la sua parte.
La pièce dei più grandi, L’isola di Shakespeare, ha introdotto ventinove adolescenti e giovani adulti nel magico mondo de Il mercante di Venezia, La bisbetica domata, Le allegre comari di Windsor, La tempesta, Amleto.
Oltre a entrare in contatto con l’opera di Shakespeare, esperienza che ha estremamente arricchito ciascuno, la messinscena è stata caratterizzata da numerosi elementi in cui ragazzi potessero esperire e approfondire le proprie competenze linguistiche e lessicali relative a ritmo, pausa, musica, metrica, rime. In alcune scene sono state inserite brevi sequenze di body percussion, in altre dialoghi recitati come fossero un rap.
All’interno di Amleto vi erano due coreografie funzionali alla creazione dell’atmosfera cupa e inquietante dell’incontro tra il principe e il fantasma di suo padre, e all’alienazione che precede la pazzia di Ofelia. Entrambe le coreografie erano realizzate da attori ipoacusici, che sono stati pertanto estremamente stimolati all’attenzione uditiva musicale, a seguirne il tempo e il ritmo così da riuscire a coordinare i movimenti della danza, alla memorizzazione corporale e cinestesica singola e di gruppo.
Inoltre, ciascuna commedia era sempre introdotta dal personaggio che ho chiamato Willy Poeta, interpretato anch’esso da un’attrice ipoacusica, che declamava brevi quartine in rima baciata o alternata, utilizzando una terminologia a bassa frequenza d’uso, adeguata ai tempi antichi e perfettamente funzionale nel delineare la vicenda con poche frasi.
Ruolo del teatro è pertanto anche contribuire alla capacità linguistica e affabulatoria, e all’ampliamento del vocabolario, strumento prezioso che accresce e approfondisce il pensiero di ciascuno di noi.

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