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Isolamento post Covid e socializzazione degli adolescenti

Disponibile a breve anche tramite podcast.

Conosco Valeria, nome di fantasia, alcuni anni fa. La ragazzina ha 11 anni ed è affetta da sordità. Di origine straniera, ha avuto da piccola numerosi problemi all’apparato respiratorio che l’hanno costretta a lunghi ricoveri e dolorose operazioni. Oltre ai mesi della sua infanzia sottratti dalle cure ospedaliere, nel 2020 arriva  la pandemia a costringere Valeria ancora a casa per un tempo maggiore rispetto a molti suoi coetanei, data la sua delicatezza polmonare e le raccomandazioni di tutti i medici che l’hanno seguita. E così, quando finalmente faccio la sua conoscenza, mi ritrovo davanti una bella ragazza con profondissimi occhi scuri che sembrano vedere tutto senza guardare veramente alcunché. Il suo viso è totalmente amimico, la sua gestualità del tutto assente, la comprensione di quel che accade attorno a lei è parziale e ancor più ridotte sono le risposte, sia verbali che non verbali. Lunghi anni di terapia logopedica, svolti in gran parte da remoto per le problematiche testé espresse, hanno fatto sì che il suo eloquio si sia sviluppato ma in maniera appena sufficiente. 
Mi bastano pochi incontri per rendermi conto dell’integrità della sua intelligenza, delle sue capacità motorie, dell’organizzazione spazio-temporale e delle Funzioni Esecutive. Ma è altrettanto evidente la sua esigua partecipazione alle attività del mondo che la circonda, la sua ritrosia a mettersi in gioco, a credere di potercela fare, a divertirsi.  Non sono dunque le abilità motorie, prassiche o cognitive ad aver bisogno di sostegno. Quello che le manca è l’esperienza delle persone e del mondo, le informazioni visive, uditive, tattili ed emotive. Come riceverle, elaborarle e come rispondervi. Insomma, tutto quel mondo esterno che le è stato a lungo negato.
Con gli esercizi di logoteatroterapia tento in tutti i modi di fornirle gli strumenti che le occorrono. Finalmente, durante le due ore che trascorre insieme a me, inizia ad apparire qualche sparuto sorriso, alcuni gesti ed espressioni che sostituiscono le parole. Mi ingegno più che posso per veicolarle il concetto che tutto il corpo “parla” e comunica un messaggio, e che esso può compensare enormemente le carenze linguistiche, la corretta costruzione della frase, i vocaboli della lingua italiana che ancora non conosce, i concetti astratti (come sensazioni e sentimenti) difficoltosi da esprimere a parole per chiunque. Il lavoro è lungo, i risultati a volte scarsi. Si aggiungono le consegne scolastiche e l’enorme fatica che Valeria fa per stare al passo con tutto. Ma non demordiamo, né io né lei. 
Per lo spettacolo finale le affido la parte della protagonista. La invito a memorizzare numerose battute, non eccessivamente lunghe, ma con all’interno alcuni modi di dire ed espressioni tipiche del linguaggio spontaneo. Valeria si impegna, memorizza, associa gesti, sguardo, mimica facciale, postura, azioni, gestione degli oggetti e degli altri attori. Quanto lavoro per lei, che mesi fa sembrava camminare sfiorando il terreno senza essere pienamente coinvolta in alcunché. Adesso mi saluta con un sorriso quando arriva, ha uno sguardo presente e risposte adeguate al contesto, e spesso riesce a essere ironica e simpatica.  
“Benissimo, Valeria”, dico tra me e me mentre il cuore mi si riempie di gioia per lei. “Continua così.”

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