Disponibile anche tramite podcast . Aurora (nome di fantasia) è una ragazza allegra, solare e generosa. Ha 18 anni ed è affetta da DSA e disturbo d’ansia, che spesso si accompagna a una grande fragilità emotiva. Aurora frequenta già da qualche anno il laboratorio di Logoteatroterapia con grande coraggio e determinazione. Non manca a un appuntamento, lei che non solo non sarebbe mai salita su un palco, ma addirittura si rifiutava all’inizio di recitare piccole improvvisazioni davanti ai suoi compagni. Eppure ha trovato la forza, forse unita a un pizzico di incoscienza, ed è sempre riuscita a superare le proprie difficoltà, scoprendo di avere notevole talento e soprattutto di provare piacere nel metterlo in gioco. Qualche settimana fa mi disse di avere un gran mal di pancia. Le chiesi se proprio non se la sentiva di recitare, in quanto avremmo dovuto impostare la sua scena per lo spettacolo. Rispose che ci avrebbe provato, con il patto che si sarebbe fermata in qualsiasi momento. Eppure
Disponibile anche tramite podcast . Un lunedì pomeriggio mi trovo a lavorare con un gruppo di sei adulti affetti da disabilità intellettiva in comorbidità con altre patologie. Stiamo allestendo lo spettacolo, i sei hanno memorizzato ciascuno le proprie battute e nella ripetizione del copione a tavolino sono andati abbastanza bene. Ma una volta all’interno dello spazio scenico, laddove sia necessario integrare il contenuto verbale con lo spazio, le azioni, gli oggetti, la gestualità e la postura, il compito inizia a farsi davvero arduo. Pertanto la sicurezza di alcuni di loro inizia a vacillare e, per ritrovare una metaforica àncora alla quale aggrapparsi, tengono lo sguardo fisso su di me, aspettandosi piccoli aiuti gestuali o la prima parola della battuta. Basta un attimo e il minuscolo suggerimento che fornisco loro è più che sufficiente a riportare alla memoria l’intera frase e le eventuali azioni. Ma come fare quando continuano a mantenere il contatto oculare con la sottoscritta e