Martedì pomeriggio.
Laboratorio con bambini di quarta e quinta elementare affetti da DSA, lieve
inibizione motoria e verbale, disorganizzazione spazio-temporale, autismo.
I primi sono molto attaccati al concreto, a volte mostrano timidezza, riescono a
comunicare con frasi spesso ridotte al minimo, faticano a utilizzare fantasia e
creatività. Il bambino affetto da autismo, al contrario, oltre a non sostenere quasi mai
il contatto oculare, spesso si perde nei suoi pensieri, inizia discorsi lunghi e complessi
ma non contestuali, necessita di essere riportato al “qui e ora” numerose volte.
Molto bene, il laboratorio teatrale è proprio quello che fa per noi! Dopo qualche
gioco in cui abbiamo esercitato il rispetto del turno, il rispetto dello spazio,
l’espressività corporale e vocale, la creatività, chiedo ai bambini di realizzare
un’improvvisazione insieme a me. Ne sono entusiasti, a tutti loro piace recitare,
ritrovandosi in personaggi diversi da se stessi, ai quali è concesso essere un po’
eccessivi, buffi, fuori dalle regole e dagli schemi.
Cominciamo, dunque. Il bambino affetto da autismo sarà il dottore, che riceve nel suo
studio una lunga fila di pazienti affetti dalle malattie più strane, con effetti
imprevedibili e oggettivamente difficili da curare. I bambini si concentrano, ciascuno
sceglie la propria patologia inventata, e
perfettamente organizzati nel tempo e nello
spazio, entrano in scena. Ecco che il teatro ancora una volta attua la sua magia: i
bambini più inibiti riescono a inventare ed esprimere con il corpo idee buffe,
fantasiose, che finalmente si sganciano dalla rigida realtà alla quale troppo spesso
sono ancorati. E il bambino che recita la parte del dottore si concentra talmente da
entrare nel ruolo con grande serietà, dando consigli e facendo prescrizioni assolutamente
adeguate a ogni sintomatologia che gli viene mostrata, guardando negli occhi il
paziente, aspettando il proprio turno per parlare senza sovrapporsi all’altro.
Il tempo trascorre veloce, è purtroppo ora di salutarci. Tutti i bambini restano male,
dicono “ma come, di già?”. Si stavano talmente divertendo che non avrebbero voluto
smettere.
Bene, un motivo in più per rivederci e continuare insieme questo straordinario viaggio.
Laboratorio con bambini di quarta e quinta elementare affetti da DSA, lieve
inibizione motoria e verbale, disorganizzazione spazio-temporale, autismo.
I primi sono molto attaccati al concreto, a volte mostrano timidezza, riescono a
comunicare con frasi spesso ridotte al minimo, faticano a utilizzare fantasia e
creatività. Il bambino affetto da autismo, al contrario, oltre a non sostenere quasi mai
il contatto oculare, spesso si perde nei suoi pensieri, inizia discorsi lunghi e complessi
ma non contestuali, necessita di essere riportato al “qui e ora” numerose volte.
Molto bene, il laboratorio teatrale è proprio quello che fa per noi! Dopo qualche
gioco in cui abbiamo esercitato il rispetto del turno, il rispetto dello spazio,
l’espressività corporale e vocale, la creatività, chiedo ai bambini di realizzare
un’improvvisazione insieme a me. Ne sono entusiasti, a tutti loro piace recitare,
ritrovandosi in personaggi diversi da se stessi, ai quali è concesso essere un po’
eccessivi, buffi, fuori dalle regole e dagli schemi.
Cominciamo, dunque. Il bambino affetto da autismo sarà il dottore, che riceve nel suo
studio una lunga fila di pazienti affetti dalle malattie più strane, con effetti
imprevedibili e oggettivamente difficili da curare. I bambini si concentrano, ciascuno
sceglie la propria patologia inventata, e
perfettamente organizzati nel tempo e nello
spazio, entrano in scena. Ecco che il teatro ancora una volta attua la sua magia: i
bambini più inibiti riescono a inventare ed esprimere con il corpo idee buffe,
fantasiose, che finalmente si sganciano dalla rigida realtà alla quale troppo spesso
sono ancorati. E il bambino che recita la parte del dottore si concentra talmente da
entrare nel ruolo con grande serietà, dando consigli e facendo prescrizioni assolutamente
adeguate a ogni sintomatologia che gli viene mostrata, guardando negli occhi il
paziente, aspettando il proprio turno per parlare senza sovrapporsi all’altro.
Il tempo trascorre veloce, è purtroppo ora di salutarci. Tutti i bambini restano male,
dicono “ma come, di già?”. Si stavano talmente divertendo che non avrebbero voluto
smettere.
Bene, un motivo in più per rivederci e continuare insieme questo straordinario viaggio.
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