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Ragazzi e ascolto

Giovedì pomeriggio mi ritrovo con quattro ragazzi delle scuole medie, affetti da DSA, iperattività, cadute sulla memoria, sull’attenzione e la concentrazione. Il tutto si riversa non solo sugli apprendimenti scolastici ma anche sull’eloquio, che risulta frettoloso, poco intellegibile, con scarsissime pause e una ridotta respirazione.
Oggi i ragazzi si parlano addosso senza ascoltarsi. Vorrebbero la mia attenzione ma non sono in grado di accorgersi se li sto ascoltando oppure no. Dopo aver ottenuto il silenzio, chiedo a ciascuno di raccontare ciò che stavano dicendo gli altri. Quindi propongo un gioco: ognuno verrà bombardato di domande ma non può assolutamente rispondere, attivando pertanto le facoltà inibitorie. Successivamente alle domande dovrà rispondere con una sola parola del tutto incongrua (per esempio "Come stai oggi?" "Pavimento") aggiungendo l’ideazione all’inibizione. Passiamo ora a un ascolto corporale, utilizzando camminate buffe a cui il corpo di ciascuno deve associarsi, per poi trovare la camminata
Cecilia Moreschi
opposta, contraria; anche questo fa parte dell’ascolto: solo se ascoltiamo e comprendiamo alla perfezione il messaggio, siamo in grado di trovare l’opposto. Infine utilizziamo il gioco dello specchio, per aggiungere all’ascolto, all’inibizione, all’ideazione corporea, anche la concentrazione.
La settimana successiva i ragazzi arrivano calmi, rilassati. Non parlano a manetta come la volta precedente. Ma quando chiedo loro di dirmi cosa abbiamo fatto nell’ultimo incontro, mostrano enormi difficoltà a ricordare. Devo dargli alcuni elementi iniziali per far sì che la loro memoria si attivi. Quindi camminiamo per la stanza sciogliendo un po’ i muscoli affinché il loro corpo si rilassi e si liberi da tensioni. Successivamente chiedo loro di effettuare camminate più sostenute, con sguardo ben puntato verso la direzione intrapresa e continui cambi di direzione, per riattivare la concentrazione. A questo punto propongo un gioco sull’ascolto e la memoria a breve termine, che una volta concluso ci conduce alla nostra ultima attività: un’improvvisazione in classe con una delle terapiste che interpreta la professoressa. Ogni ragazzo doveva scegliere la caratterizzazione del compagno. Le scelte sono: il perfettino, il secchione, il menefreghista, il maleducato.
I ragazzi si mettono in gioco e recitano una scena simpatica e ben organizzata. Chiedono anche a noi di fare lo stesso, pertanto li sostituiamo nello spazio scenico e ci accingiamo a recitare interpretando le stesse caratterizzazioni. Ma la nostra scena è caotica, ciascuna prevarica le altre nel tentativo di mostrare il proprio personaggio. Non ci ascoltiamo, non ci lasciamo spazio. Commettiamo esattamente lo stesso errore compiuto dai ragazzi la settimana scorsa.
I ragazzi, con garbo e gentilezza, non mancano di farcelo notare. Hanno ragione. A volte anche noi adulti dovremmo fermarci un po’ di più, e ascoltarci.

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