A breve disponibile anche tramite podcast.
Incontro Carlotta (nome di fantasia) esattamente un anno fa. È una bella ragazza di 17 anni, con i capelli castani sempre legati in una coda di cavallo e un sorriso travolgente. Dietro gli occhiali fa capolino uno sguardo luminoso che si posa su di me, e sembra voler dire tante cose. Purtroppo però la lesione cerebrale che l’ha colpita da bambina, a seguito di un infortunio, ha del tutto ridotto la sua capacità di elaborazione verbale, di iniziare un discorso, di fare una domanda e così via.
Risponde alle mie domande, sì. Sorride alle battute scherzose, certo. Comprende tutto quel che le dico, sicuro. Ma l’iniziativa verbale è del tutto compromessa. Eppure…
La mamma mi chiede di inserirla nel laboratorio di Logoteatroterapia per adolescenti che conduco con Gallassi, la mia collega logopedista. La ragazza non ha molte amiche e pochissimi momenti di interazione sociale, oltre alla scuola. Inizia a partecipare al nostro corso tutte le settimane, è sempre attenta e puntuale. Partecipa scrupolosamente alle attività proposte, si impegna con precisione e correttezza, ma al momento di improvvisare fuoriesce prepotentemente la fragilità creativa e spesso si rivolge a me dicendo esplicitamente “non so cosa dire”. Sia io che la collega, per non parlare dei nostri splendidi ragazzi, la aiutiamo e supportiamo in tutti i modi che ci vengono in mente. Alla performance finale sarà bravissima: con un testo da imparare a memoria, azioni già stabilite e movimenti determinati insieme, Carlotta sarà proprio nel suo elemento e reciterà davvero bene, prendendosi i meritati applausi, fiori e complimenti.
Iniziamo il nuovo anno, qualche settimana fa. Ritornano i blocchi verbali ed espressivi, torna la necessità di starle accanto. Ma non voglio arrendermi, vorrei davvero fornirle strumenti adeguati per essere maggiormente performativa nella propria vita, tutte le volte in cui non avrà accanto a sé un caregiver in grado di stimolare in lei la risposta corretta. E finalmente mi viene l’idea.
Stiamo lavorando sull’espressività vocale: data una battuta uguale per tutti, ciascuno deve variare la modalità nella quale pronunciarla grazie alla prosodia, alle emozioni, agli stati d’animo o fisici. Carlotta non riesce proprio ad agganciarsi a nessuno di questi elementi per poter recitare la battuta cantando o da ubriaca o esprimendo rabbia e così via. Mi ricordo però che la ragazza ha un’ottima memoria e comprendo immediatamente che occorre sfruttare tale risorsa. Pertanto la invito, durante la settimana, a vedere film o serie tv ponendo grande attenzione a come gli attori interpretano le varie battute. Desidero infatti che la ragazza immagazzini le modalità espressive nella sua memoria a lungo termine, per poterle poi rievocare all’occorrenza. E il miracolo avviene.
Sette giorni dopo, ripetiamo l’esercizio di espressività vocale. Carlotta non si blocca più, anzi dice la sua battute modulando la prosodia come se lo avesse sempre fatto. Non solo: le chiedo di ideare una frase da far recitare al suo amico Andrea, e la ragazza, con enorme naturalezza, propone: “È tardi, ti vuoi sbrigare?”.
Poi mi guarda. Sorride. La luminosità dei suoi occhi è la stessa di dodici mesi fa. Ma quanta strada ha percorso, nel frattempo.
Commenti
Posta un commento